03 - Rappresentazione - ANASUT

03 - Rappresentazione - ANASUT

Esperienza a Colle Oppio

Con la classe ci siamo recati nel Parco di Colle Oppio. Dietro indicazione del professore abbiamo speso un'ora di tempo all'interno del parco, osservandolo. L'unica cosa che ci era richiesta era di osservare, eventualmente prendere appunti, e NON condividere con gli altri ciò che notavamo.

Al rientro in aula è stato chiesto a ognuno di noi di rappresentare il Parco di Colle Oppio su un foglio di carta. La tipologia di rappresentazione è stata lasciata libera: disegno, mappa, testo, schema...

Abbiamo quindi raccolto tutte le rappresentazioni e le abbiamo discusse insieme.

Le rappresentazioni create risultano estremamente disomogenee: ognuno di noi ha scelto di rappresentare il soggetto in un modo diverso. Qualcuno ha realizzato dei disegni, altri delle carte con o senza legenda. Qualcun altro dei testi descrittivi o degli schemi.

La rappresentazione del Parco è per ognuno diversa.

Questo è servito a dimostrare come una rappresentazione non possa essere mai oggettiva o completa al 100%. Il fatto stesso di usare modalità di rappresentazione diversa porta a rappresentare diversi elementi, nonché la limitatezza al foglio di carta che impedisce l'uso di strumenti digitali.


Invarianti territoriali: tipo il Colosseo: una presenza radicata che viene integrata in una rappresentazione perché è radicata nella percezione che le persone hanno di quel territorio.

Le rappresentazioni che abbiamo prodotto non sono sovrapponibili. Ognuna racconta un punto di vista.

Le rappresentazioni hanno un carattere inevitabilmente soggettivo.

Sono il risultato di una relazione che instauro con l'elemento da rappresentare.

Sono

Uno sguardo che è situato all'interno di uno spazio che è il nostro corpo.

La soggettività è dovuto a

Lo sguardo che abbiamo è sempre deformante. Cogliamo sempre il modo in cui deformiamo quella cosa.
Ogni rappresentazione reca il segno di chi ha costruito quella rappresentazione.

Il Parco di Colle Oppio lo abbiamo rappresentato come lo abbiamo conosciuto, non come è in se.

L'analisi che faremo sugli orti urbani non li racconteranno indipendentemente dal nostro sguardo.

Le rappresentazioni parziali sono intrinsecamente politiche. Il nostro sguardo, quando va a selezionare alcune cose piuttosto che altre, da forma a una rappresentazione politica.

Rappresentare

etimologia di rappresentare

Rappresentare deriva da re praesentare = rendere presente ciò che è assente

La rappresentazione si compone di 2 dimensioni:

Quando parliamo di rappresentazione parziale e soggettiva - non deve essere visto come un elemento dequalificante. È esattamente ciò che è inevitabile nell'atto di rappresentare qualche cosa.

Perché parlare di rappresentazione

Perché parlare di rappresentazione è importante per chi si occupa di analisi territoriale?

[[umberto galimberti]]

Gli uomini non hanno mai abitato il mondo ma sempre e solo la descrizione che di volta in volta, la religione, la filosofia, la scienza hanno dato al mondo

de matteis

Le rappresentazioni cambiano il territorio spesso più dei processi reali.

Cerchiamo di dimostrare oggi che le rappresentazioni cambiano il territorio e vedremo come.

Le rappresentazioni lavorano sulle percezioni collettive. Veicolano degli immaginari che poi hanno la forza e il potere di radicarsi.

Ogni urbanista, ingegnere, geografo, ha il potere di veicolare vincoli che guidano la trasformazione il territorio.

Carattere performativo

Le rappresentazioni hanno un carattere Performativo: esse non descrivono un'azione ne constatano un fatto. Invece, veicola vincoli e opportunità di trasformazione del territorio.

Performativo

agg. (dall’ing. performative, der. di (toperform «compiere, eseguire»). – In linguistica, detto di enunciazioni (e per estens. anche di enunciati e di verbi) che non descrivono un’azione né constatano un fatto (e in quanto tali non sono suscettibili di un giudizio di falsità o verità) bensì coincidono, in determinati contesti, con l’azione stessa: per es., sono enunciati p. frasi come «prometto di venire» o «dò a questa nave il nome Tirrenia»;

Sono verbi p. quei verbi che, enunciati nella prima persona del presente indicativo, realizzano l’atto che descrivono, per es. «battezzo, ordino, maledico», e sim. Il termine, diffuso dal linguista e filosofo inglese J. L. Austin (1911-1960) nell’ambito della teoria degli atti linguistici, è stato poi ripreso nel linguaggio giuridico per indicare enunciati non descrittivi né prescrittivi, che sono costitutivi, nel momento stesso in cui vengono proferiti, della situazione cui fanno riferimento: per es., la frase «la seduta è aperta» nel momento stesso in cui viene pronunciata segna il costituirsi di una situazione giuridica nuova.

< Treccani
(https://bit.ly/ArteCultura_TreccaniAccademia)

Ogni rappresentazione ha poteri politici, progettuali...

esempio

[[James Cook]] fu il primo a cartografare l'isola di [[Terranova]] quando arriva in [[🇳🇿 Nuova Zelanda]].

La rappresentazione che davano era di tipo "terra nullius" (= Terra di nessuno).

È sotto questa premessa che si è giustificato il processo di colonizzazione messo in atto.

La rappresentazione costruita si è configurata come l'impalcatura che ha permesso di colonizzare quelle terre.

Ogni rappresentazione è una costruzione e prevede un'agente non separabile dall'attività stessa.

A lungo tempo l'unica tipologia di rappresentazione era quella transitiva: rappresentare qualche cosa, un'oggetto.

La post-modernità fa diventare ineludibile il carattere deformante della rappresentazione.

[[aldo gargani]]

Mentre compiva lo sforzo di strappare veli alla realtà per afferrarla così come essa sarebbe in sé, anziché il mondo obiettivo, incontaminato e neutrale, l’uomo ha incontrato il mondo insieme a se stesso.

Non c'è un mondo antistante al nostro sguardo ma solo il mondo che riusciamo a investigare con il nostro sguardo.

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Il parco di colle oppio lo abbiamo rappresentato per come lo abbiamo conosciuto (epistemologia) non per come è (ontologia).

[[aldo gargani]]

L’uomo spesso pretende di gettare una luce completa sulla sua esistenza e sulla realtà. In questa maniera vede bene ciò che ha, ma non ciò che è

[[umberto galimberti]]

A sentir Heidegger, questa epoca è caratterizzata dal fatto che il mondo diventa quell’immagine del mondo che si schiude davanti a quello sguardo che il cogito di Cartesio inaugura. Di fronte a questo sguardo il mondo diventa oggetto (ob-jectum) che, come vuole l’etimo, significa ciò che sta di contro a un soggetto, l’anti-stante a un soggetto che, davanti alla realtà, si comporta come vuole l’esempio di Kant, non come uno scolaro che accoglie tutto quel che dice il maestro, ma come un giudice che obbliga l’imputato a rispondere alle sue domande. Ciò che nasce è un mondo oggettivo, cioè antistante allo sguardo dispiegato

Nell'atto stesso di rappresentare si deforma la realtà.

È pertanto necessario rintracciare il filo che lega l'immagine alla soggettività che la costruisce.

Occorre assumere uno sguardo terzo, di uno spettatore laterale che indaghi il mio sguardo.

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Come faccio a capire perché quella mappa è stata prodotta in quel modo?

Scandagliare le ragioni che ci hanno indotti a mettere un filtro.

Costruire una rappresentazione capace di decentrarsi.

[[gregory bateson]], 1997

Il territorio non entra mai in scena. Il territorio è la dig an sich (= [[Noumeno]]), e con esso non c’è nulla da fare, poiché il procedimento della rappresentazione lo eliminerà sempre, cosicchè il mondo mentale è costituito solo da mappe, ad infinitum.

Il territorio in se è inconoscibile. È conoscibile solo attraverso delle operazioni di filtro che noi mettiamo in campo.

...In quell'Impero, l'Arte della Cartografia giunse a una tal Perfezione che la Mappa di una sola Provincia occupava tutta una Città, e la mappa dell'impero tutta una Provincia. Col tempo, queste Mappe smisurate non bastarono più. I Collegi dei Cartografi fecero una Mappa dell'Impero che aveva l’Immensità dell'Impero e coincideva perfettamente con esso. Ma le Generazioni Seguenti, meno portate allo Studio della cartografia, pensarono che questa Mappa enorme era inutile e non senza Empietà la abbandonarono all'Inclemenze del Sole e degl'Inverni. Nei deserti dell'Ovest rimangono lacerate Rovine della Mappa, abitate da Animali e Mendichi; in tutto il Paese non c’è altra reliquia delle Discipline Geografiche

Non solo è inevitabile di costruire delle rappresentazioni filtrate. È anche molto utile. L'idea di una mappa in scala 1:1 non è utile: per quello c'è il territorio.

Quando vogliamo fare un progetto di città, rigenerazione di uno spazio pubblico, le analisi che costruiamo, sono intenzionalmente selettive rispetto ad alcune cose. Il fatto che filtriamo alcune cose piuttosto che altre significa che vogliamo mettere in risalto alcune cose.
Le mappe in questo senso sono implicitamente politiche.

[[italo calvino]], 1993

Nessuno sa meglio di te, saggio Kublai, che non si deve mai confondere la città con il discorso che la descrive. Eppure tra l’una e l’altro c’è un rapporto

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Quali obiettivi è necessario perseguire nella costruzione di una rappresentazione?

C'è un rischio di eccedere nella quantità di rappresentazioni.

Le rappresentazioni che noi costruiamo sono

Il mito di Medea

Medea - Una madre che uccide i figli. È un'infanticida. Almeno questa è l'immagine che viene tramandata da una certa tradizione.
Rappresentazione di una donna selvaggia responsabile dell'uccisione dei propri figli.
Questa rappresentazione, storicamente non è mai stata messa in discussione.

Medea - Voci, di Christa Wolf - l'unica che compie una rivoluzione sul mito di Medea. È vero che Medea è in grado di uccidere i propri figli? Le risposte sono: no.

Medea (=colei che porta consiglio). Espressione di una società matriarcale (la Coltide). Christa Wolf scopre che la storia è cambiata. Euripide ha attribuito la colpa degli omicidi a Medea per giustificare una società patriarcale in realtà responsabile dell'uccisione di questi figli.

Per rendere conto della complessità del territorio è interessante costruire uno spazio di voci in cui rappresentazioni differenti possono entrare in conflitto.

[[husserl]], 1983

Non c’è un solo punto di vista. Esistono rappresentazioni urbane multiple e potenzialmente conflittuali, prodotte dal lato dei consumatori della città che chiedono maggior ascolto e legittimità. Esistono fenomenologie urbane che vanno intercettate ed intrecciate: rappresentazioni plurali della città, controverse, incarnate la cui esplicitazione permetterebbe di accostarsi a quel mondo-della vita che precede ogni categorizzazione raziocinante.

[[moschella]], 1998

[[Husserl]] ipotizza una rifondazione della scienza occidentale moderna, a partire da una critica del suo oggettivismo che, secondo il filosofo, avrebbe determinato la sovrapposizione delle categorizzazioni prodotte dagli scienziati al mondo-della-vita. Scambiando le prime con la realtà del secondo e trasformando la natura in un insieme di dati, la scienza avrebbe perso consapevolezza del nesso che originariamente legava il soggetto all’oggetto;
con esso avrebbe perso di vista anche il senso del proprio operare, recuperabile, secondo Husserl, solo attivando la pratica dell’epoché, da egli proposta e definita come «quella sospensione di giudizio mediante la quale viene introdotto il dubbio e vengono messi tra parentesi i significati o le categorie con le quali usualmente è compreso il mondo nel quale si vive»

La società, dice Georg Simmel, ha bisogno, per assumere una determinata configurazione, di quantitativi variabili di armonia e disarmonia, associazione e competizione, tendenze favorevoli e sfavorevoli.

2024-04-11 - Questa non è una mappa - Mappa ANASUT.excalidraw.png

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Georg Simmel cerca di distringuere le società statiche da quelle conflittuali.

[[georg simmel]]

Come l’universo, per conseguire una qualsiasi forma, ha bisogno di amore e odio, vale a dire, di forze di attrazione e di repulsione, così la società, per assumere una determinata configurazione, ha bisogno di quantitativi variabili di armonia e disarmonia, associazione e competizione, tendenze favorevoli e sfavorevoli.

Il territorio è in costante movimento. Le rappresentazioni dovrebbero quindi cogliere questo aspetto.

Gourdier: spazio dei punti di vista

Critica alla razionalità cartografica

Carte urbanistiche sono rappresentazioni che usano la cartografia. La cartografia però mette in forma solamente la forma fisica.

Racconta esclusivamente la forma fisica dell'urbano. È una rappresentazione in cui il punto di vista è precisamente posizionato. Lo sguardo è zenitale (dall'alto). Il punto di vista è lo zenit.

Si tratto di uno sguardo Panottico

panottico < forma di carcere in cui il custode era posizionato da un punto da cui poteva vedere tutte le celle.

Sguardo restituito in forma dimensionale. Permette di rappresentare solo ciò che si può esprime in forma compiuta in forma bidimensionale.

Sguardo che è maturato nella disciplina urbanistica. Sempre riferita a corpi solidi nello spazio.

Le carte sono molto meticolose a rappresentare queste forme fisiche della città.

È una descrizione che, privilegiando la forma fisica della città, rimuove l'insieme di strutture e di conflitti che danno forma alla dimensione fisica dell'urbano.

Le cartografie riescono a raccontare in maniera anche molto precisa la forma fisica dell'urbano. Non riescono a restituire il mondo sociale che anima l'urbano.

merleau - ponty

Come colui che dall’aereo guarda la schiuma del mare e la vede immobile, senza comprendere che da vicino essa è pulsione e movimento, il pianificatore moderno non si accorge che dietro il silenzio delle forme scoppia il brulicare della vita

Non c'è una metodologia che in astratto sia migliore di un'altra rappresentazione. Stiamo mettendo in evidenza i limiti, ma non significa che le carte urbanistiche non siano valide rispetto ad alcuni obiettivi.

C'è distanza tra osservatore e rappresentazione.

Le cartografie sono tutt'altro che dispositivi di rappresentazione. La distanza dal punto di vista zenitale e l'oggetto di studio, non garantisce oggettività, ma semplicemente legittima uno sguardo.

Nella cartografia il punto di vista scompare. Questo ci induce a pensare che la rappresentazione è una rappresentazione oggettiva. Possiamo dire che il codice della visione zenitale è un paradigma resistente e prepotente, che tende ad annullare gli altri.

Le carte rappresentano lo stesso inganno dei numeri. Sembrano veicolare autorevolezza.

Utilizza codici semantici-linguistici riconosciuti che rendono leggibile lo spazio fisico della città. Queste convenzioni ci restituiscono una formalizzazione che sembrerebbe trasmettere uno statuto di veridicità alla rappresentazione.

[[patrizia gabellini]], 1996

Questo è legato a questo punto di vista che scompare. La presa zenitale, nega il punto di vista orientato e simula una visione olistica di fatto impossibile per l'uomo: uno sguardo onnicomprensivo al quale è accessibile l'insieme, la mesas a fuoco simultanea del tutto, uno sguardo indifferente alla sequenza di singoli punti selezionati.

Rispetto a queste considerazioni, dobbiamo riflettere se la cartografia possa essere considerata l'esclusiva forma di rappresentazione.

"La forma di rappresentazione più adeguata dipende da ciò che si vuole rappresentare" (< Vettoretto, 2001).

Cartografia isotropa e metrica. Una cartografia che dà spazio a delle dimensioni che sono misurabili.

Particolare e Generale

Idios - Nomos

Esistono 2 tipi di approcci:

Dobbiamo tenere insieme i 2 tipi di approcci.

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